venerdì 14 gennaio 2011

Code Geass: Lelouch of the Rebellion (2007-2008)

Code Geass: Lelouch of the Rebellion (Kōdo Giasu: Hangyaku no Rurūshu) - Gorō Taniguchi (2007-2008)

Impero britannico, aristocrazia, mecha, chara deisign firmato CLAMP, Gorō "Infinite Ryvius" Taniguchi, Sunrise, misticismo nordico. Dopo aver letto queste parole dovreste già essere corsi tutti bagnati a procurarvi la serie.

Se invece siete ancora qui vuol dire che siete dei diffidenti senza precedenti, ma vi voglio bene lo stesso e per questo sarò breve e non vi porterò via molto tempo.

Il Sacro Impero di Britannia dichiara guerra al Giappone e infine lo sottomette e lo rinomina Area 11. Per la prima volta in un conflitto vengono usati i Knightmare Frame: delle armature meccaniche potentissime e queste sono la causa principale della debacle giapponese. Qui entra in scena il nostro protagonista Lelouch di Britannia, principe decaduto e rinnegato dell'Impero, che ha ottenuto il "potere del comando assoluto", il Code Geass, da una ragazza misteriosa. Con questo potere cerca di rovesciare l'Impero e sconfiggere l'Imperatore stesso per liberare l'Area 11 e ripristinare il Giappone ante guerra. Tutto ciò con una buona dose di violenza, guerra, organizzazioni ribelli e mecha.

Il punto di forza di questa serie è senza dubbio la sboronaggine dei protagonisti. Inutile girarci tanto intorno e cercare di un messaggio filosofico, è la sboronaggine. Si trova ovunque: disegni, dialoghi, azioni militari, combattimenti coi Frame, musiche. Tutto trasuda sboronaggine e a noi va benissimo così! Un ruolo molto importante lo rivestono anche i Knightmare Frame con i loro fucili da chilo e le loro customizzazioni a seconda del pilota. Poi abbiamo anche una buona dose di fan service (leggi: tette tette tette!), che non guasta mai. Direi che il piccolo otaku che c'è in ognuno di noi può gridare di gioia.

La serie si compone in tutto di 52 episodi, che sono stati divisi in due blocchi da 26 episodi l'uno. Come vuole la moda attuale.

Note interessanti:
  • Si fa molto riferimento al ciclo bretone: i Knights of the Round (traducibile come Cavalieri della Tavola Rotonda) hanno i Knightmare che prendono i nomi dei cavalieri di Artù (Lancelot, Tristan, Mordred, Percival, Galahad, Gawain, Sigfried). La nave ammiraglia di Schneizel è chiamata Avalon.
  • Il collegamento che vuole attivare l'imperatore si chiama Ragnarok e l'arma tipo nucleare si chiama FLEIJA. Sono chiari riferimenti ai miti norreni.
  • Il Sacro Impero di Britannia, al contrari di quello che si possa pensare, non c'entra nulla con la Gran Bretagna. Comprende infatti le due Americhe, il Giappone, l'Indonesia, lOceania e parte dell'Africa.





Recensione: I Giardini della Luna (1999)

I Giardini della Luna (Gardens of The Moon) - Steven Erikson (1999)


Ho deciso di parlare de I Giardini della Luna perché ho notato che in Italia questo libro, come tutta la serie, è abbastanza snobbato. Male malissimo!

Ma andiamo con ordine. Questo è il primo libro di dieci che vanno a comporre la saga La caduta di Malazan (The Malazan book of the Fallen, in originale) e dovrebbe stare sul comodino di ogni scrittore di fantasy italiano a memento di come si dovrebbe scrivere qualcosa di "fantastico".

Siamo nel continente di Genabakis, durante la guerra di conquista iniziata dall'Impero di Malaz dopo che il trono è stato usurpato da una certa Laseen. In particolare le vicende si focalizzano sulla conquista dell'ultima città libera del continente: Darujhistan. La situazione non è però delle migliori: il corpo speciale degli Arsori di Ponti (Bridgeburners), ormai decaduto dalla sua posizione privilegiata, sta pensando a un ammutinamento. A ciò si aggiunge anche il fatto che l'Imperatrice manda un suo Aggiunto per indagare su un misterioso massacro e il suo destino andrà inevitabilmente ad intrecciarsi con quello degli Arsori. Questo per farla molto breve.

In realtà la trama è molto più complessa. Sulla sfondo della campagna di conquista di Genabakis con tutte le sue tattiche e tutti i suoi complotti, operano anche altre entità. Capita spesso infatti di imbattersi in divinità, che però sono più simili agli esseri umani di quanto ci si possa aspetta: scendono in campo rischiando di essere sconfitti, hanno vizi e debolezze e fanno di tutto per raggiungere i loro scopi. La magia poi veste un ruolo quasi centrale nelle vicende e il mondo stesso ne è immerso, ma le sue leggi sono lasciate solo intendere.

Il lettore viene praticamente catapultato nelle vicende e l'autore non lo conduce per mano attraverso questo mondo, ma lo abbandona a se stesso. Viene dato tutto per scontato, i personaggi non vengono presentati per niente e persino la storia stessa è un mistero. Le informazioni vengono centellinate e date al lettore tramite i dialoghi o le azioni dei personaggi. Anche lo stile di scrittura è molto particolare, essendo molto freddo, diretto, distaccato, ruvido. Sembra quasi di leggere un diario di guerra. E forse questa è proprio l'intenzione dell'autore.

The Malazan Book of the Fallen può essere catalogato come saga dark fantasy, a mio parere. Le atmosfere sono molto cupe, un senso di morte pervade tutte le vicende, il bene e il male assoluti non esistono, ma dipendono dal punto di vista del lettore, il sangue scorre a fiotti. Per gli amanti del genere è un vero e proprio must. Non ci sono scuse.

Note interessanti:
  • Questo libro, come poi tutta la saga, è stata inizialmente sviluppata su una piattaforma da gioco di ruolo.
  • Gardens of the Moon è stato scritto per essere la sceneggiatura di un film, poi rifiutato.
  • Le divinità sono organizzate in case e i loro membri richiamano i nomi delle carte dei tarocchi.
  • I libri che compongono l'intera saga non seguono un ordine cronologico. Troppo semplice se no!
  • Tradotto correttamente il The Malazan Book of the Fallen dovrebbe essere Il Libro Malazan dei Caduti.
  • La parola Malazan è l'aggettivo riferito al sostantivo Malaz.

    Recensione: Predators (2010)

    Predators (Predators) - Nimród Antal (2010)


    Visto che di questi tempi i sequel e i reboot vanno di gran moda, alla 20th Century Fox hanno pensato bene di farne uno anche per lo storico Predator di John McTiernan (1987). Quello con Schwarzenegger, per intenderci. Non ho specificato se questo nuovo capitolo degli alieni cacciatori sia un sequel o un reboot, perché non lo so e sono sicuro che non lo sappiano neanche loro. Diciamo che quelli della Fox hanno voluto riprendere il franchise di Pretator con questo quinto capitolo (se includiamo i due cross-over con la saga di Alien).

    Sarà che la fantascienza ha il suo fascino, sarà che gli alieni (e che alieni!) da queste parti stanno molto simpatici, specie se corazzati e armati fino ai denti, sarà l'effetto nostalgia, ma io questo film l'ho trovato godibilissimo. Certo, non urlo al capolavoro, ma è un buon film. E soprattutto è un film onesto, nel senso che mantiene le promesse. Poi per il solo fatto che il film è prodotto da Robert Rodriguez, merita qualche punto apriori.

    Dico subito che Predators presenta una trama semplice e che sa di già visto un milione di volte: bisogna sopravvivere agli alieni che ti cacciano, possibilmente uccidendoli. Questo però non è necessariamente un punto negativo, ma anzi può essere considerato un bene perché cercare di complicare le cose avrebbe portato probabilmente il film a scivolare in territori distanti da quelli del Predator originale. E poi diciamo la verità, questi film li si va a vedere solo per i combattimenti e per i fucili. Inutile mentire.

    Il cast è piuttosto numeroso e rende il film più corale rispetto al one-man show che alla fine era il primo capitolo della saga. Belle prove le hanno date soprattutto Adrien Brody e Alice Braga che poi sono anche i due personaggi più approfonditi. Anche gli altri però sono degni di nota, in particolare il simpaticissimo Danny Trejo e lo yakuza Louis Ozawa Changchien.

    Gli yautja questa volta sono ben tre e si presentano molto bene, come ci si aspettava: armati fino ai denti, sempre con le armature fighissime e sempre col look un po' rasta che apprezziamo. In più questa volta si portano anche l'equivalente extraterrestre dei nosrti segugi, solo che sono molto più cattivi e veloci. Inoltre è presentato un nuovo tipo di alieno cacciatore, molto più grosso e cattivo, e questa è una cosa bellissima.

    Un'altra cosa che mi ha fatto immenso piacere è l'ambientazione. So benissimo che è stato girato da qualche parte in America e che di particolare ha gran poco, ma a me è piaciuto. Non siamo più sulla Terra, no no. Ma in un pianeta alieno, disperso non si sa dove nell'universo, che viene usato come riserva di caccia, quasi completamente coperto dalla foresta. Dico quasi perché non è che adesso i personaggi prendono e corrono per tutto il pianeta.

    Non c'è molto altro da dire su questa pellicola, però io ve la consiglio. Se non altro vi passate un paio d'ore di divertimento.

    Note interessanti:
    • Il titolo Predators è al plurale perché vuole essere un richiamo/citazione a Aliens di James Cameron (1986)
    • Sì c'è anche Morpheus, non vi siete sbalgliati.
    • All'inizio, il corpo del poveretto squartato dall'interno è un omaggio alla saga di Alien.
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