mercoledì 16 febbraio 2011

Recensione: Rabbit Hole (2010)

Rabbit Hole (Rabbit Hole) - John Cameron Mitchell (2010)

It's what you've got instead of your son. So, you carry it around. And uh... it doesn't go away. Which is fine, actually.

Da otto mesi Becca e Howie vivono in una sorta di limbo dopo che il loro figlioletto Danny morto per un incidente d'auto. Entrambi stanno cercando di elaborare il lutto ed entrambi lo fanno in modi diversi: lei cerca rifugio e conforto nei lavori di casa, preparando da mangiare, sistemando il giardino, rimuovendo tutto ciò che le possa far venire in mente Danny, anche se sa che ciò sarà impossibile; Howie invece cerca di non pensare alla cosa, quasi di ignorarla, ma la morte di un figlio ti cambia per sempre e infatti ogni sera finisce per guardare vecchi filmati sul suo telefonino. La chiave per superare questo rabbit hole, questa tana del coniglio, dove Becca e Howie sono bloccati, e andare finalmente verso un'esistenza più serena viene data dal ragazzo che guidava la macchina quel tragico giorno e da una donna incontrata a un gruppo di sostegno.

Quello che John Cameron Mitchell vuole fare con Rabbit Hole è semplicemente raccontare una storia e evidenziare l'ipocrisia e il moralismo che spesso circondano le nostre vite, e il fingere che vada tutto bene a ogni costo anche se ciò significa soffrire enormemente. E' un film che è tanto semplice quanto di valore, pronto a cogliere ogni attimo, ogni espressione, ogni lacrime di questo spaccato di vita così tragico.

Nicole Kidman è tornata ai fasti di The Hours, mostrando a tutti che è ancora una delle migliori attrici in circolazione, capace di essere semplicemente grandissima,  mentre Aaron Eckart mostra qui il suo lato più toccante e drammatico.

 - God had to take her. He needed another angel.
- He needed another angel. Why didn’t he just make one? Another angel. I mean, he’s God after all. Why didn’t he just make another angel?
Un film da vedere, consigliatissimo.