mercoledì 25 aprile 2012

Recensione: Hunger Games (2009)


Hunger Games (The Hunger Games) - Suzanne Collins (2009)


Mi sono ritrovato a leggere The Hunger Games dopo aver letto recensioni entusiaste a destra e a manca, tra cui anche quella di un certo signor Stephen King. Quello che ho pensato appena finito il primo capito del romanzo è stato cosa si è fumato King per aver detto che questo libro “dà assuefazione”? probabilmente roba di qualità.

Io non sono un particolare amante del genere Young Adult, ma dopo aver letto che c’erano adolescenti che si dovevano uccidere tra loro ho pensato che forse, in questo caso, avrei anche potuto spendere 14,90 euro. Il gioco valeva la candela? Assolutamente no.

La banalità
THG è un romanzo dispotico, ambientato in un futuro non ben definito in cui al posto degli Stati Uniti d’America, adesso c’è una nazione totalitaria chiamata Panem. Panem è formata dalla capitale Capitol City che governa con pugno di ferro i dodici distretti circostanti. Per punire un precedente tentativo di ribellione dei distretti avvenuto anni prima, sono stati istituiti gli Hunger Games in cui da ogni distretto, ogni anno, vengono prelevati un ragazzo e una ragazza e costretti a uccidersi a vicenda finché non ne rimarrà soltanto uno. Il tutto in diretta TV. Qualcuno ha detto Battle Royale o 1984? No? Devo aver sentito male allora.
La protagonista è la tosta sedicenne che ne sa un casino la mia scuola è la strada Katniss, che vive di stenti nel Distretto 12 e che si trova a partecipare come tributo agli Hunger Games per salvare la sorella più giovane. Assieme a lei c’è il coetaneo e panettiere del villaggio Peeta, inutile dire che già a pagina 132 arriva la melassa.

L’stile che non c’è
Il romanzo è scritto in prima persona al presente e la cosa all’inizio mi urtava non poco perché mi pareva di leggere un libro del Battello a Vapore per bambini delle elementari. Ma magari fosse stato un libro del Battello a Vapore! Lo stile con cui scrive la Collins è una cosa orrenda. Le cose vengono ripetute in maniera ridondante: il Distretto 12 è il più povero e la gente muore fame, l’abbiamo capito! Capitol City è brutta e  cattiva, l’abbiamo capito! Katniss è brava con l’arco, l’abbiamo capito! Forse ha voluto ripetere questi e altri concetti ogni dieci pagine perché se no il romanzo era troppo breve?  Per me è sì. 
I personaggi, colpa (o merito?) dell’unico point of view nel libro, sono tutti evanescenti e appena accennati. Basti pensare ai tributi degli altri undici distretti, che vengono menzionati poco o nulla; questo dovrebbe facilitare il lettore a provare empatia per Katniss o per Peeta visto che sono gli unici con un minimo di spessore, ma neanche questo accade visto che Katniss sembra piena del mondo e l’altro parla di pane tutto il tempo. 

Tirando le somme, The Hunger Games è un romanzo mal scritto con però un alto potenziale sfruttato in maniera mediocre.